
8 Giugno 2025
Solennità
di Pentecoste
Anno C
Maria al centro, lo Spirito discende, la porta si apre: nasce la Chiesa, orante e pronta ad annunciare la Vita che vince la morte.

«SEME D’AMORE NELL’UMANA NOTTE»
Da venti secoli T’uccide l’uomo
Che incessante vivifichi rinata
Umile interprete del Dio di tutti.
G. Ungaretti
Come è noto tra Siena e Firenze nel 1300 non correva buon sangue, e Duccio di Buoninsegna (1260-1319), che apre l’epoca d’oro della pittura senese, fu colui che contese la supremazia artistica fiorentina di Giotto di Bondone. Duccio, che il Longhi definiva «creato da Cimabue», fu fedelissimo alla pittura bizantina, ma in modo intelligente ossia non fu un mero esecutore di meticolose tecniche e precise norme pittoriche ma ravvivò genialmente il colore e la linea aprendo così ad una nuova sensibilità estetica. Nelle sue tavole scorgiamo quindi i primissimi segni della civiltà gotica che tanto influenzeranno Simone Martini e i fratelli Lorenzetti. Il suo nome è legato in particolare alla Maestà, oggi conservata al Museo dell’Opera del Duomo a Siena. Come ci ricordano le cronache, l’impressione sulla gente fu tale che la tavola opistografa (dipinta da entrambi le parti) fu portata in processione dalla bottega del maestro all’altare maggiore del duomo. Il motivo risale alla famosa battaglia di Montaperti (1260), a pochi chilometri da Siena, dove il 4 settembre i ghibellini senesi sconfissero i guelfi fiorentini. In quell’occasione il magistrato della città, Buonaguida, assieme al vescovo Tommaso, si erano affidati all’intercessione della Madonna “dagli occhi grandi” (maestro di Tressa), conservata nel duomo. La vittoria fece sì che Siena divenisse Civitas Virginis. Di qui moltissime opere mariane, tra le quali, oltre a Duccio, va ricordata anche la straordinaria Annunciazione di Simone Martini oggi agli Uffizi. Per Duccio, Maria non è solo la madre secondo l’umanizzazione giottesca, ma soprattutto la madre di Dio. La sua pittura quindi oltre che illustrare e umanizzare consacra, apre cioè sul Mistero nel quale Maria ha il suo felice compimento. Sarebbe però erroneo contrapporre la visione di Duccio a quella di Giotto. Certo, sono due differenti prospettive ma una sola è l’idea di fede. Per Duccio si trova l’uomo attraverso Dio, per Giotto si trova Dio nell’uomo. Maria la troviamo anche nella tavola della Pentecoste dipinta tra il 1308 e il 1311, oggi al Museo dell’Opera di Siena. Siamo nell’evento che vede la nascita della Chiesa. La madre di Gesù si trova in mezzo agli apostoli, dipinta secondo i canoni dell’iconografia orientale. Tuttavia l’opera è pervasa da un certo movimento in particolare nei volti. Tutti sono uniti in preghiera nell’attesa dello Spirito, che si posa su ognuno con raggi luminosi. Ma c’è anche un altro particolare importante. Nella tavola, sulla sinistra si vede la porta aperta del cenacolo. Cosa rappresenta? Due cose, la prima che lo Spirito aiuta a superare la paura; la seconda che i discepoli sono pronti per annunciare la buona novella del Regno ad ogni creatura. Abbiamo perciò il cuore orante della Chiesa e la sua chiamata alle genti. Ma questo «seme d’amore nell’umana notte», come la definiva Giuseppe Ungaretti, sarà accolta? Sarà ascoltata? Sapranno gli uomini far proprio il suo incredibile annuncio: la vittoria della Vita sulla morte?
Commento a cura di d. Sandro Carotta, osb
Abbazia di Praglia