6 Aprile 2025

Quinta Domenica
di Quaresima

Anno C

In un mondo in cui la violenza è insediata nel cuore dell’uomo il perdono è la sola potenza capace di risuscitarlo, di trasformare il cuore di pietra in un cuore di carne.

NON LA CONDANNA MA IL PERDONO

Il perdono non è la legittimazione del male,
lasciando così corso alla sua potenza,
ma la condizione per la sua delegittimazione e la sua sconfitta.

C. De Sante

Dovremmo attendere un grande storico dell’arte come Heinrich Wólfflin, per capire come il passaggio dal Rinascimento al Barocco fu un procedere, lento ma inesorabile, dalla rigidità alla libertà, dalle forme chiuse a quelle aperte, dalla chiarezza assoluta al chiaroscuro. Col Barocco, le forme si faranno fluttuanti, e i contorni più sfumati e questo nel tentativo di rimandare all’infinito. Insomma, il barocco è un’ars inquieta che tende sempre verso l’oltre per poi spingersi in tutte le direzioni; esprime l’inquietum cor – di agostiniana memoria – che caratterizza l’uomo del Seicento, teso al superamento di tutti i confini. Pensiamo al confine geografico, con sempre nuove scoperte, al confine cosmico con l’invenzione del cannocchiale di Galileo che dilata lo sguardo negli spazi siderali. Di qui quel senso di vuoto, di vertigine che tanto caratterizzò ad esempio Pascal e che bisognava superare. Il Seicento ha avuto dei personaggi di primo piano. Pensiamo a Skakespeare, al gesuita Signeri, a Racine, a Cervantes. In Italia emergono Bernini, Borromini, Caravaggio e i Carracci. Tra i Carracci, questa domenica, portiamo l’attenzione su una tela di Agostino (1557-1602), commissionata dall’abate Sampieri, che descrive l’incontro del Maestro di Nazareth con una donna adultera. Il dipinto fa parte di tre tele affidate ai Carracci raffiguranti l’incontro di Gesù con tre donne: la cananea (dipinta dal cugino Ludovico), la samaritana (dipinta dal fratello Annibale) e l’adultera (affidata ad Agostino, come abbiamo detto). Cosa evidenzia il nostro autore? Il perdono, che ha il suo segno eloquente nella mano alzata e benedicente di Gesù. Nel racconto giovanneo, Gesù non alza le mani ma le abbassa. Difatti scrive per terra. Il risultato però è uguale: «Neanch’io ti condanno – dice alla donna –; va’ e d’ora in poi non peccare più» (Gv 8,11). Perdonare, nella nostra esperienza, non è facile né immediato; perdonare poi come cristiani e da cristiani, dobbiamo dirlo subito, pare impossibile. Per arrivare alla misura di Cristo abbiamo bisogno del suo Spirito. Eh sì, perché come perdona un cristiano? Bisogna guardare al Crocifisso. Cosa è accaduto sulla croce? Gesù ha accolto fino in fondo l’odio dei nemici e ha risposto con un grado di amore estremo. Questo grado estremo si è manifestato nell’amore al nemico. Non bisogna mai dimenticare che Gesù ha amato anche il suo carnefice. E la ragione per cui Gesù ha esteso il suo amore perdonante a chi lo uccideva è questa: in un mondo in cui la violenza è connaturalizzata al cuore dell’uomo il perdono è la sola potenza capace di risuscitarlo, di trasformare il cuore di pietra in un cuore di carne. Ecco, questo fa la differenza cristiana. Se noi entriamo in questo sentire l’altro non è più come diceva Sartre il nostro inferno ma il nostro paradiso. Ne siamo convinti?

Commento a cura di d. Sandro Carotta, osb
Abbazia di Praglia

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