20 Novembre 2022
Cristo Re
Anno C
Alla fine di un anno liturgico ci chiediamo quanto la nostra misericordia è diventata più naturale fino ad esserci connaturale.
La parola che Dio rivolge a Davide in occasione della sua acclamazione regale, che pone fine alla lunga e penosa lotta con Saul, illumina e orienta la celebrazione della solennità odierna: “Tu pascerai il mio popolo!”. Davide è chiamato ad essere re senza smettere anzi migliorando e ottimizzando il suo essere pastore capace di prendersi cura del gregge. L’alleanza stipulata tra il popolo e Davide diventa ancora più prodonda nel mistero di reciproca appartenenza tra Cristo e la sua Chiesa quale segno e primizia dell’umanità salvata. Il legame è quello che Paolo indica con il simbolo del rapporto imprescindibile e reciproco del “capo” con il “corpo”. L’ultimo gesto che Luca ci racconta nella Passione del Signore non fa che confermare e suggellare tutto il suo vangelo segnato dalla misericordia e dall’attenzione amorosa per i più deboli e per i peccatori. L’”oggi” con cui si apre l’annuncio dell’anno di grazia del Signore nella sinagoga di Nazaret, diventa l’”oggi” dell’eternità che è il trionfo estremo e invincibile dell’amore che totalmente si dona e sempre perdona. Il Signore Gesù, come un vero re, dà udienza a tutti e dall’umilissimo trono della croce si mette in una posizione di così assoluta vulnerabilità da permettere a tutti e a ciascuno di esprimersi senza timore alcuno: tutti parlano e tutti si esprimono, “i capi”, “i soldati”, “uno dei malfattori” e anche “L’altro”. Nel mistero di questa festa ora tocca a noi di dire la nostra al Signore Gesù crocifisso…! La cosa più bella che potremmo dirgli è “Ecco noi siamo tue ossa e tua carne”. Così, in un amore riconosciuto e abbracciato, la croce si trasforma da patibolo in roveto ardente.
Commento a cura di d. Michael David, osb
Abbazia di Novalesa