Domenica scorsa, con il detto sui cosiddetti «servi inutili», Gesù ci invitava a considerarci semplici servi, che non debbono attendere nessuna ricompensa, poiché hanno fatto ciò che dovevano fare. A quel testo segue immediatamente l’episodio dei dieci lebbrosi: uno solo di loro – il samaritano – torna a ringraziare. Ecco l’altro volto della gratuità: se non bisogna pretendere un ringraziamento, occorre però saper ringraziare. La fede autentica non ci fa pretendere nulla per quanto si è fatto, ma ci educa a ringraziare per tutto ciò che si è ricevuto. Gesù di per sé aveva guarito tutti e dieci i lebbrosi gratuitamente, senza porre condizioni. Il solo samaritano che torna a rendere grazie lo fa del tutto gratuitamente, solamente per il fatto che è giusto farlo, che è contento di farlo. Forse anche per la gioia d rivedere Gesù, poiché ora comprende che l’incontro con lui vale più della guarigione. Anche Naaman il Siro vuole prendere con sé un po’ di terra di Israele per custodire la bellezza dell’incontro con il «solo Signore». Come scrive san Paolo a Timoteo, fede autentica è desiderare morire con Gesù per vivere per sempre con lui. Nella comunione con lui c’è la vera guarigione, la vera salvezza.

Commento a cura della Comunità di Dumenza