
19 Novembre 2023
XXXIII Domenica
del tempo ordinario
Anno A
Il cristiano sa di aver ricevuto dei doni da parte di Dio e che non può essere semplice fruitore ma anche generoso elargitore della grazia ricevuta.
FEDELI NEL POCO
La parabola delle dieci vergini, che abbiamo ascoltato domenica scorsa, si concludeva con un invito a vegliare perché nessuno conosce il giorno e l’ora del ritorno del Signore. Vegliare, come abbiamo capito, significa saper gestire bene il tempo dell’attesa munendosi di ciò che è necessario, l’olio. Questo olio, che alimenta le lampade, per la tradizione ebraica sono le buone opere, condizione imprescindibile per la partecipazione alle nozze messianiche. Nel brano odierno con la parabola dei talenti Matteo approfondisce ulteriormente il tema. Per l’evangelista, vegliare (gregoréo), significa essere fedeli nelle piccole cose di ogni giorno e adoperarsi a far fruttificare i doni di natura e di grazia elargiti dal Signore. Il cristiano sa di aver ricevuto dei doni da parte di Dio. È altrettanto cosciente però che non può essere semplice fruitore ma anche generoso elargitore della grazia ricevuta. In questo orizzonte, la fedeltà si configura come responsabilità; una responsabilità verso il prossimo che porta ad auto-limitarsi e auto-donarsi per ritrovarsi in fine nella comunione dell’amore. Ma non solo. La fedeltà si configura anche come adesione creativa alle molteplici situazioni della vita e ai vari scenari dell’esistenza umana. Ecco perché possiamo definire la fedeltà come quotidianità trasfigurante dell’amore. Alla base della fedeltà c’è l’amore, non la paura (il terzo servo della parabola); una fede come fiducia, affidamento e profezia. Profezia del compimento, la quale aiuta a superare il male che purtroppo inevitabilmente si frappone lungo il suo percorso terreno.
Commento a cura di d. Sandro Carotta, osb
Abbazia di Praglia