P. David d’Hamonville, OSB
Visitatore Provincia Francese

 

Ai fratelli della Congregazione Sublacense Cassinese

Cari fratelli,
9 marzo 1872, 150 anni indietro. Forti di questo traguardo, osiamo guardare 150 in avanti: la nostra Congregazione nel 2172…
2172? È troppo! Non possiamo immaginarlo. È una scommessa assurda. L’intera umanità trasalisce davanti a questa prospettiva. Alla velocità con cui si trasformano le realtà climatiche, tecnologiche e biologiche, chissà cosa sarà diventato il nostro pianeta? Allora veramente si può dire che il tempo della fine è stato ben bene inaugurato!

I monaci con le loro cocolle, i loro scapolari, i loro cappucci e le loro preghiere sopravvivono da quindici secoli, indifferenti alle mode, alle crisi, alle guerre. Sono anche nei videogiochi e nelle opere di fantascienza, nascosti e nell’ombra – certamente – ma dotati di super-poteri. Se non sopravviveremo noi ai prossimi centocinquant’anni, chi potrà sopravvivere?
Noi monaci abbiamo a vedere con la sopravvivenza, con i tempi della fine: lo sappiamo da sempre, ma sappiamo misurare le conseguenze di questo compito?
Il Vangelo nella sua purezza è di una urgenza assoluta: prepariamoci, spogliamoci di tutto il superfluo, dei fronzoli, dei gingilli e delle illusioni che ci appesantiscono.

La fraternità è un obiettivo che non ha fatto una ruga! È bene che la fraternità tra le comunità, tra le Province, tra le culture ci venga incontro nella figura della nostra Congregazione e provochi ciascuno di noi, in proprio, a compiere i passi a cui vorremmo rinunciare per chiusura o per paura.

Se la nostra vita è profetica, guardiamo con un unico colpo d’occhio a Elia, a Giovanni Battista e a Benedetto: non riduciamo la vita monastica ad un cliché estetico, neanche a quello del VI secolo e, ancor meno, a quello del XIX; lasciamoci rimettere in gioco da Gezabele, da Erode, dai Longobardi e dalle molteplici provocazioni odierne; cerchiamo cosa significhi ancora il “preferire Cristo”.

«Ci rimane soltanto lo stretto sentiero, spesso ancora da scoprire, di prendere ogni giornata come fosse l’ultima e di vivere con fede e senso di responsabilità, come se ci attendesse ancora un grande futuro»

Dietrich Bonhöffer, Resistenza e resa, 52

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