10 Marzo 2024

IV Domenica
di Quaresima

Anno B

Nell’Uomo appeso sulla croce, Dio si è quindi detto definitivamente e dato totalmente.

IL SERPENTE

In una trasposizione ardita, Giovanni paragona il serpente di bronzo che Mosè innalzò nel deserto a Cristo crocifisso. C’è un aspetto però da tener presente e che arricchisce la nostra lettura. I termini «serpente» e «Messia» in ebraico hanno lo stesso valore numerico (la somma delle loro lettere è 358). Messia però ha una lettera in più, la yod, la prima del nome impronunciabile di Dio, del Tetragramma (YHWH). Cosa significa? Che solo in Gesù, il Cristo/Messia innalzato sulla croce, l’umanità può contemplare la rivelazione suprema di Dio. Nell’Uomo appeso sulla croce, Dio si è quindi detto definitivamente e dato totalmente. Sulla croce, Dio si è manifestato in una modalità senza precedenti. Per tre volte il IV Vangelo parla di innalzamento del Figlio dell’Uomo (cf. Gv 3,14; 8,28; 12,32). Il parallelo con i tre annunci che troviamo nei Sinottici è evidente. In tutte e tre le volte c’è una promessa. In Gv 3,14 l’innalzamento porta la vita eterna; in Gv 8,28 dischiude la rivelazione del Nome («Io sono»); in Gv 12,32 segna l’attrazione di tutto in Cristo. Il verbo «innalzare» (hypsousthai) ha poi un doppio senso. Si può intendere l’innalzamento fisico sia l’esaltazione/glorificazione. È noto, al riguardo, come Giovanni abbia letto la Passione di Cristo come un cammino di gloria. Gloria che si irradia dalla croce e ha un segno luminoso nel costato aperto da cui fluisce incessante l’acqua viva dello Spirito Santo. Questa gloria comunicata introduce l’umanità nella comunione divina realizzando così l’unità di tutti i credenti in Dio (cf. Gv 17,3). Un ultimo aspetto. Sulla croce l’amore di Gesù pare sconfitto. Di fatto però è vittorioso. Il segno? La sua risurrezione. Lo intuisce anche il genio di Piero della Francesca nella Risurrezione (1463) di Borgo Sansepolcro, sua cittadina natale. Nel momento solenne dell’uscita di Cristo dal sepolcro, fissato con perentoria solennità, la storia e la natura paiono dividersi in due parti, una remota, arida, dormiente e l’altra fiorente, vigile e viva. Sul corpo del glorificato il sangue rosso e vivo del costato attesta un amore ma venuto meno.

Commento a cura di d. Sandro Carotta, osb
Abbazia di Praglia

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