10 Dicembre 2023
Seconda domenica
di Avvento
Anno B
Il cristiano plasmato nel deserto dalla Parola è profezia per i lontani, un segno che orienta a Cristo, uno sguardo di fede tra le varie e complesse situazioni della storia.
IL DESERTO E LA VIA
Nella liturgia della parola di questa seconda domenica di Avvento emergono due simboli, quello del deserto e quello della via. Ma cos’è per noi cristiani il deserto? Stando alla Scrittura, il deserto è lo spazio della verifica della fede (cf. Dt 8,2-5), dello svezzamento (cf. Dt 32,10-12) e, non da ultimo, della morte in vista di una vita nuova (cf. Nu 20,5). Per il Talmud il deserto è una terra dove Dio si rivela: nel deserto (midbar) Dio si fa presente come Colui che parla (medabber). L’Avvento è perciò il tempo propizio per una verifica e un ritorno all’essenzialità e alla sobrietà in vista dell’ascolto della parola di Dio. Giovanni Battista è l’uomo del deserto; è la voce che grida e chiama alla conversione, è l’indice che addita il Messia presente, l’occhio che scruta nelle profondità del cuore denunciando il male che vi regna. Tale è il cristiano plasmato nel deserto dalla Parola ossia una profezia per i lontani, un segno che orienta a Cristo, uno sguardo di fede tra le varie e complesse situazioni della storia. Con il deserto ecco allora la seconda immagine, quella della via vista come conversione, e accoglienza fattiva della Parola. Senza un vissuto fondato sul Vangelo si rischia di costruire sulla sabbia. Ma la via da percorrere non ha solo un carattere morale; su quella strada siamo chiamati ad un incontro, quello con Cristo. Solo alla fonte della nostra nativa Sorgente diverremo, per i fratelli e le sorelle, acqua viva che zampilla nei deserti esistenziali.
Signore,
lungo la via del deserto,
possa la mia preghiera
come quelle delle anime pure,
non essere più se non il riflesso di Te
che a Te ritorna, quando su di me ti chini.
Commento a cura di d. Sandro Carotta, osb
Abbazia di Praglia